Percorro Viale Marconi con la smart, la radio accesa,
distratta da tanti pensieri, ancora belli, sono in ferie.
Poi si forma la coda penso che sia per girare alla curva a
destra, ma poi vedo concitazione intorno. Mi concentro osservo, sono alla
guida, “attenta devi stare!”
Troppa concitazione, un incidente, il solito tamponamento a
catena? Ma non vedo macchine appiccicate, ne vedo almeno tre ferme quasi in
mezzo alla strada, ma distanziate. Poi a terra un qualcosa di rosso, al
semaforo vicino alle strisce, quando ci passo accanto è un cappellino rosso
della coca cola, bello raggiante perché sicuramente nuovo, pulito …. Un cappellino
per terra al semaforo?
Ci metto un attimo a capire che non è il solito motorino, ma
quel semaforo messo per rallentare la corsa, se è verde o giallo anche non
rallenta un bel niente. Ma davanti alle macchine? Niente! Tutto questo in pochi
secondi, la mia mente fa conti sperando che non sia quello che ha tratto come
conclusione. Poi andando avanti piano, molto piano con la macchina lo scorgo
sul biscotto centrale tra le macchine parcheggiate, soccorso da persone accanto
a lui a terra che sembrano sapere cosa fanno. L’ambulanza non c’è ancora, deve
essere successo da poco. E’ un giovane ragazzo grosso di colore. Non ben
vestito, ovviamente per i non comunitari vivere la realtà dei nostri giorni non
è facile. E’ a terra, privo di sensi, le braccia alzate oltre la testa, sangue
aggrumato sulla fronte, la bocca spalancata, gli occhi chiusi. Non mi fa
impressione quella vista, mi son detta “ecco questo è il risultato dei troppi
libri gialli che leggo”. Sono di ghiaccio, come sempre quando guido, non mi
scompongo ma dentro mi arrabbio. Penso “va bene lo hanno soccorso”, ma vista la
posizione del cappellino e quella del suo corpo il pensiero successivo è che
chi lo ha investito correva e parecchio e non so se davvero potesse essere uno
di quelli che aveva intorno accosciati ad aiutarlo. Penso di chiamare qualcuno,
ma i telefonini non mancano, c’è tanta gente intorno a lui. C’è il banco fisso
della frutta, i benzinai, l’uscita della metropolitana. Ovviamente i soccorsi
saranno stati chiamati. Arrivo tardi il mio aiuto non serve e allora guardo il
cielo e lassù rimando una preghiera. Perché trovo del tutto ingiusto pensare
che si possa morire così, mi viene da piangere quasi; lo shock? Il senso di
nullità? Se già la giornata era cominciata un po’ storta certo ora non sarà migliore. Non saprò più
nulla di tutto questo, anche perché dell’investimento di un giovane ragazzo di
colore, non interessa a nessuno, verrà risucchiato nella miriade di incidenti
giornalieri di una grande città, non fa scandalo (sicuri?) non fa gossip, non
stuzzica il voyerismo che ci caratterizza. Morto o vivo non se ne occuperà più
nessuno. E tutto questo mentre un ombra scura copre il cielo già grigio di
Roma.
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