mercoledì, aprile 16, 2008

VINO e CUCINA in Sicilia


Tratto da “Le ali della sfinge”, capitolo Sei, di Andrea Camilleri, Ed. Sellerio Palermo.

Raprì il frigorifero e ristò sdilluso. Fatta cizzione d’aulive e tumazzo non c’era altro. Vuoi vidimi che sarebbero stati costretti a nesciri di casa per circare un posto dove mangiare? Raprì il forno.
“Omo di poca fedi!” si rimproverò.
Adelina aviva preparato pasta ‘ncasciata e melanzane alla parmigiana, abbassava addrumare il forno e riscaldare tanticchia.
[…]
Se la pasta ‘ncasciata, quanno scomparse, fu rimpianta assà, le melanzane alla parmigiana si meritarono, arrivate al termine, ‘na speci di lungo lamento funebre. Colla pasta, trovò onorevole morte macari ‘na bottiglia di un bianco tenero e ‘ngannevoli, con le melanzane si sacrificò invece ‘na mezza bottiglia di un altro bianco che, sutta ‘n’apparenza di mitezza, ammucchiava un animo tradimentoso.


Tratto da “Le ali della sfinge”, capitolo Tredici, di Andrea Camilleri, Ed. Sellerio Palermo.

“Fate lessare un cavolfiore in acqua salata, tiratelo fora al dente e tagliatelo a tocchi. Fatelo ‘nsaporiri dintra a un tegame indove aviti soffritto ‘na cipuddruzza tagliata a fettine. A parte, friggiti un bel pezzo di sasizza frisca e appena che addiventa dorata, tagliatela a dischetti massimo di un centilimetro, livannogli la pellicina. Mittiti ‘nzemmula cavolfiore e sasizza nell’oglio di frittura, aggiungendo qualichi patata tagliata a dischi trasparenti, ulive nìvure spezzettate, sali e spezie. Ammiscate bene questa composta. Con tanticchia di pasta di pani lievitata fate ‘na sfoglia a disco e assistematela in una tortiera a bordo alto, inchitela con la composta, ricoprite con un altro disco di pasta di pani incollando bene i bordi. Ungete le parti superiori con sugna e mettiti la tortiera nel furno caldissimo. Tirate fora appena si dora (ma ci vorrà ‘na mezz’orata!).

Questa è la ricetta della ‘mpanata di maiali che il commissario si fici dettare doppo che con Fazio sinni era liccato i dita. Come primo piatto, si erano tinuti liggeri: risu alla siciliana, vale a dire che si sentivano i sapori di vinu, acìto, angiovi salate, oglio. Pummadoro, suco di limoni, sali, pipironcino, maggiorana, vasilico e aulive nìvure, ossia passaluna.
Erano piatti che chiamavano vino, e la chiamata non ristò senza risposta.
[...]

Camilleri nei suoi romanzi, tiene sempre in grande considerazione quella che è la cucina siciliana. Il suo personaggio Montalbano è un buongustaio, un vero amante della buona tavola. E così leggendo il terz’ultimo romanzo scritto da Camilleri sulle storie del Commissario di Vigata, ho tratto questi due spunti così interessanti. Mi domandavo però quale sia il motivo per il quale Camilleri il discorso “VINO” lo tocchi solo in modo marginale. Eppure la bella terra di Sicilia ne ha di scelte e di tipologie. Ne ha da vendere! Ha una vasta scelta di prodotti realizzati grazie alla forte presenza di cosiddetti vitigni autoctoni. Ad esempio il Nero d’Avola suo rosso per eccellenza, quello che la contraddistingue sugli altri, quello che porta in se il vero sapore della terra di Sicilia. O anche tra i bianchi l’inzolia o il grillo, il catarratto, fino ad arrivare all’indimenticabile quanto perfetto passito di Pantelleria realizzato con le uve Moscato di Alessandria altrimenti dette Zibibbo. Ne avrebbe di scelte anche senza fare nomi di produttori, basterebbe menzionare il vitigno e si avrebbe comunque già un più che ottimo risultato. Per i famigerati piatti di pesce che Montalbano ama mangiare i vini bianchi potrebbero proprio essere quelli che ho poco fa menzionato, oppure un blend tra alcuni di questi. Che so un catarratto più inzolia, perché no. Ci sono anche realtà produttive che vedono vinificare Chardonnay in purezza anche se tra la terra il sole e il legno che in Sicilia si ha l’abitudine di usare per questo vino, diventa forse troppo corposo, con un giallo dorato molto intenso, ma il legno che pur essendo elegante e un buon legno, risulta comunque troppo persistente, creando al palato una nota dura, ammandorlata, quasi pesante. Beh poi certo bisognerebbe studiare la composizione del piatto (o dei piatti) per poter stabilire realmente quale potrebbe essere il vino adatto. Se Camilleri alla fine ci dice che quel bianco era “tradimentoso” ci dobbiamo ricordare che il sole concentra zuccheri nell’uva che poi trasformandosi in alcol lasciano al vino una gradazione piuttosto forte. Non troviamo con molto facilità vini al di sotto dei 13,5%. Questo Camilleri lo sa benissimo. Però a volte, senza esagerare e non per forza ogni volta, il discorso vino tra le righe può starci anche bene...

3 commenti:

JAJO ha detto...

Ciao Livia, bella la tua dissertazione su cucina e vini citati da Camilleri (ho tutti i suoi libri, tranne un paio di saggi). Ho notato anche io che si limita a citare il vino dicendo soltanto che era stato "tradimentoso" (lo fa di nuovo ne "Il campo del vasaio") o che era freddo ed andava giù bene...
Per quanto riguarda la sua cucina sai che nel suo sito ufficiale c'è una sezione esclusivamente dedicata ai piatti che cita nei suoi libri ? Ho messo anche il link nel mio blog :-D
Complimenti per il blog, proprio carino :-)
Jacopo

Livia ha detto...

Ciao Jacopo
ti ringrazio per i complimenti! Mi fanno piacere. Non sapevo di questa sezione dedicata alle sue ricette. Davvero molto interessante. Passo allora a visitare il tuo blog ma mi dovresti lasciare l'indirizzo.
il vino è la mia vita, il mio lavoro e la mia passione, insieme alla gastronomia. Mi diverte e in questo periodo sto leggendo svariati libri anche romanzati in tema. Ne rendo conto proprio su questo blog. A presto e grazie ancora.
Livia

JAJO ha detto...

Ciao Livia:
il mio indirizzo è http://viaggi-cucina-e-io.blogspot.com/ (comunque basta cliccare sul mio nome nei commenti e vieni reindirizzata sul blog); quello del Camilleri fans club è http://www.vigata.org/ Sulla colonna di sinistra trovi il link "La Cucina".
Ciaooooo
Jacopo