[Villa La Topaia, Borgo S. Lorenzo 9 agosto 1916]
Dino, provo qualcosa di tanto forte che non so come lo reggerò... Sei tu che mi squassi cosi? Che cosa m'hai messo nelle vene? E sempre ho negli occhi quella strada col sole, il primo mattino, le fonti dove m'hai fatto bere, la terra che si mescolava ai nostri baci, quell'abbraccio profondo della luce. Dove sei, che mi sento cosi strappata a me stessa? Mi chiami, o m'hai dimenticata? Oh ti voglio ti voglio, non ti lascerò ad altri, non sarò d'altri, per la mia vita ti voglio e per la mia morte, Dino, dopo questo non si può esser più nulla, oh, sapere che anche tu lo senti, che rantoli anche tu cosi...
Mi aspetti, dimmi, mi aspetti, vero? Saremo soli sulla terra. Bruceremo. Hai visto che siamo vergini, che qualcosa non ci fu mai strappato? Per noi. Più a fondo, più a fondo, ci mescoleremo allo spazio, prendimi, tiemmi, io non ti lascio, bruceremo.
Dimmi che mi manca cosi il respiro perché mi chiami, perché mi vuoi...
La storia è vera, Dino Campana e Sibilla Aleramo si incontrarono e si amarono davvero, ma lui era folle, una follia data dal genio che all'improvviso è conscio di essere incompreso, allontanato. Sibilla lo amò con la forza della disperazione, nonostante litigi furibondi senza capo nè coda in cui lui la picchiava. Tentò più volte di allontanarlo ma ad ogni ritorno di Campana, l'Aleramo cedeva. Questa è la "loro" poesia che Campana scrisse nel loro unico viaggio al mare dedicandola ovviamente a lei:
In un momento
In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose
P.S. E così dimenticammo le rose.
(per Sibilla Aleramo)
Stefano Accorsi impersona Dino Campana, bravo, riesce a mostrare la follia e lo struggersi dell'animo del poeta, ma a volte forse è un po' statico, gli sguardi sembrano sempre gli stessi nonostante la differenza dei casi. Ma il tutto alla fine è incentrato su lei, sulla Morante, che ha una forza recitativa non indifferente tanto appunto da catalizzare la scena e l'evento su di lei e sul suo personaggio.
La regia è di Michle Placido, su questo non so pronunciarmi, il film lo fa la storia reale e vera, lo fanno gli eventi accaduti realmente. Essendo tutto accaduto durante la prima guerra mondiale (fra il 1916 e il 1918) i colori sono sbiaditi, come per dare le tinte delle foto di quegli anni che magari ritroviamo in qualche cassettone di famiglia. Una tinta un po' seppia per non far sembrare il tutto fuori tempo. Alessandro Haber e il suo perfetto cameo chiudono il circolo di un film ben fatto, forse di nicchia, ma riuscito.
1 commento:
apprezzo e rifletto. trovo la tua critica molto azzeccata. ciao alla prossima
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